Ruolo genitoriale
Recenti fatti di cronaca hanno riportato l'attenzione sul ruolo educativo delle famiglie e sulla responsabilità genitoriale, in particolare nei casi di separazione non consensuale. Qual è il ruolo della scuola nei confronti dei genitori? La scuola occupa un posto di terzietà rispetto alle scelte dei genitori. Nella scuola non ci sono solo gli atti di partecipazione, come il diritto di voto per la rappresentanza dei genitori negli organi collegiali della scuola e il diritto di partecipare alle assemblee dei genitori. Per altri atti esiste giuridicamente la distinzione tra le decisioni “di maggiore interesse” e gli ordinari rapporti con l'Istituzione Scolastica; questa distinzione genera diversi livelli di responsabilità di natura amministrativa, civile e penale di docenti e dirigente scolastico. In sintesi le variabili che condizionano il rapporto scuola-genitori sono:
- regime giuridico del rapporto genitori-figlio (esercizio condiviso ovvero esclusivo della potestà; presenza/assenza di limitazioni all’esercizio della potestà)
- “valore” dell’atto contestato (valenza meramente informativa o decisioni di “maggiore interesse” [art. 155 c.c.] o “questioni di particolare importanza” [art. 316 c.c.] dell'atto scolastico).
Il dovere di educare i figli è sancito dall'art. 30 della Costituzione: “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”, con ciò affermando espressamente la responsabilità educativa primaria dei genitori. Strumento per l’attuazione di questo diritto-dovere, in cui si sostanzia la responsabilità genitoriale, è la potestà parentale: si tratta di un potere che è attribuito ai genitori non nel loro interesse personale né nell’interesse della famiglia come collettività, bensì esclusivamente nell’interesse dei figli.
Esiste una corresponsabilità formativa da parte della scuola. La fonte è negli artt. 33 e 34 della Costituzione. Il dlgs 297/94, il DPR 275/99, lo statuto delle studentesse e degli studenti (dpr 235/07) hanno meglio specificato il ruolo educativo della scuola.
Parlare di corresponsabilità educativa significa in primo luogo riconoscere che l’educazione dei giovani non compete esclusivamente o separatamente alla sede scolastica o a quella familiare, ma ad entrambe, in reciproco concorso di responsabilità ed impegni. La scuola svolge un compito sussidiario ed integrativo nei confronti della famiglia: la scuola coadiuva i genitori con l’apporto della propria specificità culturale e cognitiva, articolata secondo un percorso educativo, ma non potrà mai sostituirsi ad essi.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a Sezioni (sentenza 5 febbraio 2008, n 2656) hanno stabilito che il diritto fondamentale dei genitori di provvedere all’educazione ed alla formazione dei figli deve trovare il necessario componimento con il principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’art. 33 Cost. e con quello dell’obbligatorietà dell’istruzione inferiore affermato dall’art. 34 Cost. Può verificarsi che sia legittimamente impartita nella scuola un’istruzione non pienamente corrispondente alla mentalità ed alle convinzioni dei genitori, senza che alle opzioni didattiche così assunte sia opponibile un diritto di veto dei singoli genitori.
OBBLIGHI EDUCATIVI DELLE FAMIGLIE
L’obiettivo della attuale legislazione è di una tendenziale omogeneizzazione della relazione (anche giuridica) del minore rispetto ai genitori, quali che siano i rapporti (giuridici) tra gli stessi (costanza di matrimonio, separazione personale, divorzio, filiazione naturale, adozione). Ciò emerge chiaramente dal confronto fra gli artt. 316 e 155 c.c. (e 317 bis c.c. con riferimento ai figli naturali).
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri (art. 143, c.c.). Con riguardo ai figli il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli (art. 147 c.c.).
La potestà dei genitori cessa al raggiungimento della maggiore età o con l’emancipazione a seguito di matrimonio (art. 316 c.c.); in tal caso vengono meno i poteri genitoriali, ma non i doveri connessi alla responsabilità genitoriale (art. 155 quinquies c.c.), che permangono fino all’acquisizione dell’indipendenza economica.
La potestà è “esercitata di comune accordo” da entrambi i genitori. In caso di contrasto su “questioni di particolare importanza” ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei (art. 316 c.c.).
La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli vengono affidati ad uno di essi. L'esercizio della potestà è regolato, in tali casi, secondo quanto disposto nell'articolo 155 c.c. (art. 317, secondo comma c.c.).
Nell’ipotesi di separazione dei coniugi, il giudice che pronuncia la separazione personale fra di essi, “adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa”, valutando “prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori” (c.d. affido condiviso ex art 155, secondo comma, c.c., nel testo modificato dalla Legge 8 febbraio 2006, n. 54). Attualmente la formula dell'affido condiviso sta progressivamente prevalendo sull'affidamento monogenitoriale: oggi l'affido condiviso costituisce il regime normale di affidamento. L'affido esclusivo resta come residuale, sussidiaria, e costituisce l'eccezione da motivare adeguatamente da parte del giudice, come alternativa non paritaria, praticabile solo in caso di gravi mancanze da parte di uno dei genitore (violazione dei doveri relativi alla potestà, abuso dei poteri inerenti alla potestà con serio pregiudizio del figlio, condotta del genitore comunque pregiudizievole per i figli - artt. 564, 569 c.p., nonché 330 e 333 c.c.).
POTESTA' GENITORIALE E AFFIDAMENTO FAMILIARE
La Legge 4 maggio 1983, n. 184 (chiamata anche "Diritto del minore a una famiglia”) prevede una serie di strumenti a tutela del minore allorché la famiglia non sia in grado di provvedere alla crescita e all'educazione dello stesso.
L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore (ove questi manchino, provvede il tribunale per i minorenni), ed è reso esecutivo dal giudice tutelare del luogo ove si trova il minore.
Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi (che non può superare la durata di ventiquattro mesi salvo proroga) e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, sotto la sorveglianza del Giudice tutelare o del Tribunale per i minorenni.
L’affidamento del minore non determina di per sé una sospensione dell’esercizio della potestà parentale in capo ai genitori né una sospensione della rappresentanza legale dei figli da parte di questi, a meno che il giudice non specifichi nel provvedimento di affidamento anche particolari limitazioni dell’esercizio della potestà e del potere di rappresentanza legale. L’affidatario può porsi come interlocutore della scuola per gli "ordinari rapporti"; il suo ruolo in merito a decisioni di "maggiore interesse", non è automaticamente preminente rispetto ai genitori naturali: se non sono stati posti limiti dal giudice spettano a quest'ultimi.
COSA DEVE FARE LA SCUOLA
L’art. 192, u.c., D.Lgs. n. 297/1994 che in tema di “Norme generali sulla carriera scolastica degli alunni e sulle capacità di scelte scolastiche e di iscrizione”, prescrive che la domanda di iscrizione sia sottoscritta per ogni anno scolastico “da uno dei genitori” o da chi esercita la potestà, nell'adempimento della responsabilità educativa di cui all'articolo 147 c.c. La non necessarietà della raccolta della esplicita manifestazione di volontà di entrambi i genitori è anche desumibile dalla attuale modulistica ministeriale sulle iscrizioni impostata sulla sottoscrizione delle relative istanze da parte di un solo genitore.
Il dichiarare di conoscere l’opinione dell’altro genitore non rientra, inoltre, fra le dichiarazioni oggetto di autocertificazione in quanto sostitutive di certificazioni ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 445, ma può costituire “fatto” relativo ad altro soggetto di cui il dichiarante abbia diretta conoscenza ai sensi del successivo art. 47 (dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, concernente stati, qualità personali o fatti, anche riguardanti altri soggetti, che siano a diretta conoscenza del dichiarante). La formale esternazione della volontà di entrambi i genitori non implica la firma congiunta, nè la scuola può acquisire lo stato di famiglia (non esplicitamente previsto dal D.Lgs. n. 196/2003); può tuttavia chiedere notizie nel caso di insorgenza di contrasti. L’art. 155 c.c. prevede la sottoscrizione di entrambi i genitori, in caso di separazione o divorzio (firma congiunta in caso di affidamento congiunto o altre situazioni).
Ovviamente in caso di presentazione di documentazione del tribunale inerente lo stato giuridico dei coniugi la scuola dovrà attenersi ad essa. L’acquisizione del provvedimento giurisdizionale che regola i rapporti giuridici tra genitori e figli è necessario certamente allorché i genitori rendono manifesto il loro conflitto in situazioni scolastiche. Se la richiesta del dirigente scolastico non ha riscontri resta sussistente la situazione giuridica risultante agli atti della scuola (ad es. quella risultante dal modulo di iscrizione - firma di uno dei genitori).
GLI ATTI SCOLASTICI DI "MAGGIORE INTERESSE"
Quali sono gli atti di “maggior interesse”, rapportabile al “comune accordo” dei genitori (Cass. 3 novembre 2000, n. 14360), comune accordo richiesto quale che sia il regime dei rapporti personali fra i coniugi (costanza di matrimonio, separazione, regime di affidamento)?
- iscrizione a scuola e scelta di avvalersi o meno dell'insegnamento di religione cattolica
L’iscrizione a scuola rappresenta la decisione di “maggior interesse”, rapportabile al “comune accordo” dei genitori (Cass. 3 novembre 2000, n. 14360).
Ci deve essere il comune accordo quale che sia il regime dei rapporti personali fra i coniugi. La materia è regolata dall'art. 192, u.c., D.Lgs. n. 297/1994. La modulistica attuale non prevede la doppia firma, intendendo come tacito l'accordo del genitore non firmatario. Nel caso in cui il dirigente scolastico decide per la doppia firma deve essere fatta per tutti. In alternativa utilizzando le facoltà di autocertificazione e sostitutive di atto di notorietà previste dagli artt. 46 e 47 del D.P.R. n 445/2000. Non è prevista la raccolta preventiva di informazioni sulle relazioni giuridiche dei genitori in quanto non previsto dal D.Lgs. n. 196/2003; questi dati possono essere raccolti se c'è un manifesto dissidio. Nella scuola superiore la scelta di avvalersi o meno della religione cattolica deve essere controfirmata dallo studente.
- nulla osta al trasferimento ad altra scuola
Il trasferimento di un alunno da una scuola ad un’altra è regolato dagli artt. 3 e 4 R.D. 4 maggio 1925, n. 653, che disciplinano il nulla osta, dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241 che disciplina la trasparenza dell’azione amministrativa (modificato dalla Legge 69/2009) e da norme che disciplinano la potestà parentale ed il suo esercizio. L’accordo fra i genitori risulta necessario quale che sia il regime giuridico dei rapporti genitori- figli (sia in applicazione dell’art. 316 c.c. in relazione a genitori “uniti”, sia in applicazione dell’art. 155 c.c. in relazione ad una situazione di affido sia condiviso che esclusivo). Sull'argomento ci sono state diverse sentenze in questa direzione. Nel caso di fondati dubbi sulla volontà dell'altro coniuge la scuola potrà richiedere al genitore richiedente di dichiarare formalmente l’accordo sulla stessa dell’altro genitore, provvedendo, in mancanza, alla vera e propria comunicazione di avvio del procedimento al coniuge la cui volontà sia ignota, ai sensi dell’art. 7 Legge n. 241/1990.
ALTRI ATTI SCOLASTICI
- delega di atti scolastici a terzi
Per alcune azioni scolastiche, come il “ritiro” del figlio al termine delle lezioni, la partecipazione ai colloqui con i docenti, la sottoscrizione dei documenti di valutazione, delle giustificazioni, ecc. può essere utilizzato formalmente lo strumento della delega. La delega riguarda soggetti diversi dall’altro genitore, il quale non ha bisogno di delega, esercitando facoltà e poteri propri. La delega è un atto bilaterale: essa intercorre cioè tra il delegante, titolare di poteri (e di correlati doveri), ed il delegato, che accetta la delega. È un atto dismissivo dei poteri oggetto della delega, nel senso che ne trasferisce al delegante l’esercizio.
Ha natura formale: la delega, cioè, deve essere conferita con forma scritta. Deve essere specifica: la delega generica non è ammessa; essa deve contenere la precisa elencazione degli atti delegati. Alcuni atti, come per l’esercizio del diritto di voto nelle elezioni degli organi collegiali della scuola non possono essere delegati (art. 40, comma 8, dell’O.M. n. 215 del 15 luglio 1991).
La delega è un argomento molto delicato: una cosa è infatti delegare il compimento di alcuni atti che rientrano nell’esercizio della potestà parentale, altro è la delega - vietata - dell’esercizio tout cour di tale potestà o di intere funzioni alla stessa afferenti. Il ripetuto uso di delega in alcuni campi, come il colloquio con i genitori o la firma dei documenti di valutazione, deve essere valutato dal dirigente scolastico e dai docenti in senso restrittivo perchè tali atti sono funzionali e strumentali alla tutela del figlio minore, concretizzando quindi nell’insieme l’adempimento del dovere di mantenere ed educare la prole.
- informazioni sulla carriera scolastica
Il genitore, anche non affidatario del figlio minore, ha il dovere (oltre che il diritto) di vigilare sull’istruzione del figlio stesso (Consiglio di Stato - Sez. VI - Sent. 13 novembre 2007 n. 5825; nota MIUR del 20 dicembre 2005). Quale che sia la situazione in essere in ordine ai rapporti giuridici genitori-figli (e salvo il caso di decadenza dalla potestà parentale), sussiste il diritto del genitore di acquisire e di essere destinatario di informazioni sull’andamento scolastico del figlio, sia attraverso l'esercizio del diritto di accesso ex art 22 Legge n 241/1990 (il genitore, anche non affidatario, non è tecnicamente controinteressato rispetto all’altro genitore), che attraverso le modalità previste nel contesto scolastico (colloqui scuola-famiglia, consegna delle pagelle, ricevimento di sms circa le assenze; acquisizione diretta di informazioni scolastiche tramite chiavi di accesso informatiche al data base o al registro elettronico; ecc.).
Lo studente maggiorenne potrà esercitare autonomamente il diritto di accesso ex artt. 22 ss. Legge 241/1990 come quello ex artt. 7 ss. D.Lgs. 196/2003; secondo l'orientamento giuridico prevalente il diritto di informazione dei genitori prosegue anche con la maggiore età, almeno fino a quando cessa l’obbligo di mantenimento sussistente in capo ai genitori (art. 155 quinquies c.c.).
- atti di partecipazione alla vita scolastica
L’O. M. 15 luglio 1991 n. 215 (art. 7) dispone che l'elettorato attivo e passivo per le elezioni dei rappresentanti dei genitori spetta, anche se i figli sono maggiorenni, ad entrambi i genitori e a coloro che ne fanno legalmente le veci(18). Non spetta l'elettorato attivo e passivo al genitore che ha perso la potestà sul minore. In situazione di affidamento bisogna stabilire, in relazione alle concrete disposizioni, a chi tra l’affidatario ed i genitori, spetti l’elettorato attivo e passivo. Il genitore non affidatario, in caso di affidamento esclusivo, ha il diritto di voto se mantiene la potestà.
- obbligo di vigilanza e culpa in vigilando, obbligo di educazione e culpa in educando
La funzione educativa è residuale rispetto a quella della famiglia, ossia è di tipo strumentale alla funzione di istruzione prioritariamente spettante ad essa (Cass. SS .UU . ord. 2656/2008). L’obbligo di sorveglianza sui minori grava sul “precettore” nel tempo in cui il minore gli è affidato, subentrando in tal modo all’analogo obbligo gravante in generale sui genitori (art. 2048 cc). In sostanza, l’obbligo di sorveglianza del “precettore” è alternativo a quello del genitore. I genitori hanno però anche il dovere di educare i figli: il dovere di educare i figli grava sui genitori (artt. 30, primo comma, Cost. e 147 c.c.). L’art. 2048 c.c. impone al genitore di risarcire il danno cagionato a terzi dal comportamento illecito dei figli minorenni allorché tale danno sia imputabile a culpa in vigilando ovvero a culpa in educando. Analogo dovere risarcitorio è posto in capo al “precettore” allorché sia ravvisabile una sua culpa in vigilando.
Il soggetto tenuto alla vigilanza (il “precettore” e per esso l’amministrazione scolastica) è liberato dalla responsabilità solo se riesca a provare di “non avere potuto impedire il fatto”, cioè di avere adottato quelle azioni che secondo le circostanze contingenti apparivano idonee ad evitare il danno.
Non tutti i fatti illeciti del minore appaiono astrattamente riferibili solo all’obbligo di vigilanza. Vi sono fatti che, per loro natura, appaiono avere radici più lontane e profonde dal momento del loro accadimento (percosse, violenza fisica o psicologica a compagni, scerno a compagni più svantaggiati o “diversi”, danneggiamento di beni, uso illecito e abuso dei video-cellulari, ecc.). Alcuni fatti possono farsi risalire certamente ad un’omissione di vigilanza del personale scolastico, ma possono farsi altresì risalire (congiuntamente o alternativamente, a seconda dei casi) all’omissione di un efficace educazione. In tal caso alla responsabilità della scuola per culpa in vigilando si affianca (fino eventualmente a sostituirla integralmente) la responsabilità dei genitori per culpa in educando. Ogni episodio accaduto a scuola dovrà essere valutato in concreto per definire la responsabilità dei docenti/ATA o la concorrente/esclusiva responsabilità dei genitori dell’alunno.
FINO A CHE PUNTO POSSONO SPINGERSI LE COMPETENZE MEDIATRICI DEL DIRIGENTE SCOLASTICO?
Nel caso di situazioni emergenti di contrapposizione o nei casi in cui il contrasto è formalmente manifestato il dirigente scolastico deve informare i genitori sulle responsabilità genitoriali, sui rischi, sulle ricadute didattiche e psicologiche presso i figli nelle modalità che ritiene più opportuno (inizialmente in modo separato). In situazioni molto particolari, caratterizzate da elevatissima conflittualità fra i coniugi o da interferenza di indagini penali, il DS dovrà valutare possibilità di formalizzare, attraverso l’informativa ad uno dei coniugi, delle richiese (anche di accesso agli atti) dell’altro coniuge, facendo cautelativamente in tal modo di più di quel che l’ordinamento impone.
Nel caso in cui si viene a conoscenza o si riceve dai docenti la segnalazione di reati in danno di minori per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio corre l'obbligo di denunciare la notizia di reato all’Autorità giudiziaria. I casi più comuni sono: “violazione di obblighi di assistenza familiare” (art. 570 c. II c.p.), l’ “abuso dei mezzi di correzione” (art. 571 c.p.), i “maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli” (art. 572 c.p.), le “lesioni personali” con prognosi superiore a 20 giorni o con prognosi di durata inferiore dalla quale tuttavia derivi una malattia che metta in pericolo la vita (art. 582 c.p.), l’ “abbandono di persone minori o incapaci” (art. 591 c.p.).
Molto frequente è la strumentalizzazione della scuola in merito al trasferimento dell'alunno, che mette spesso in difficoltà e in contrasto due scuole. Il controllo sul rispetto dell’obbligo scolastico (art. 5 D.Lgs. n. 76/2005; circolari ministeriali sulle iscrizioni, da ultimo, la CM 110/11, punti 2 e 2A) rientra tra i compiti del DS. Nel caso di richiesta di nulla-osta (le modalità sono modificate dalla L. 183/11) la norma non attribuisce all’amministrazione ambiti di discrezionalità in materia (TAR Umbria, 6 luglio 2006, n. 344; TAR Sicilia, Catania, 15 gennaio 2009, n. 59; TAR Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, del 23 ottobre 2009, n. 1939). C'è il dovere dell’amministrazione di verificare che la domanda sia “regolare” (il controllo sulla legittimazione del richiedente): se la legittimazione alla istanza è condivisa, l’istanza presentata solo da uno dei legittimati non può considerarsi idonea a fare decorrere il termine iniziale del procedimento. La posizione del co-legittimato ben può essere acquisita attraverso un “interpello” ex art. 7 Legge n. 241; alla stessa si può ricorrere nel caso in cui il contrasto sia emerso di fatto.
Temporeggiare in situazione di stallo può risultare lesivo al diritto allo studio dell'alunno: per non ledere questo diritto ben più importante è necessario o che il genitore richiedente si rivolga subito al Tribunale dei minori o che in caso di assenza prolungata lo faccia il dirigente stesso. Alcuni dirigenti scolastici, nel caso in cui si presenta un alunno anche senza nulla osta, lo accolgono proprio in virtù del diritto allo studio: si tratta di una posizione non corretta dal punto di vista amministrativo (CM 110/11, punto 3B), almeno per gli alunni provenienti da altre scuole italiane, ma che consente al DS di cautelarsi di fronte al diritto degli alunni.
Sul ruolo della potestà parentale e del potere organizzativo della scuola pubblica nella funzione educativa dei minori si può vedere l'esauriente articolo di Laura Paolucci (avvocatura dello stato di Bologna) Scuola, genitori ed esercizio della potestà parentale
Si può vedere inoltre la CM 12709/2011 dell'USR Piemonte.
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