LA SCUOLA MEDIA UNICA HA CINQUANTA ANNI
La scuola media unica, istituita per effetto della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, ha raggiunto i cinquanta anni . La ricorrenza del cinquantenario è stata l’occasione per ripercorrere la sua storia e per contestualizzare la scuola media nel panorama e nell’evoluzione della scuola italiana, per focalizzare le problematiche di questo segmento scolastico, per valutare il raggiungimento degli obiettivi politici e sociali, per tratteggiare scenari e compiti futuri.
La più importante riforma scolastica del secondo dopo guerra
La più importante riforma scolastica del secondo dopoguerra, opera del ministro Luigi Gui, recepiva quanto previsto dalla Costituzione e rendeva la scuola pubblica capace di rispondere ai nuovi bisogni sociali degli anni Sessanta.
La legge del 1962 rendeva la scuola media obbligatoria, i Patronati dovevano sostenere gli alunni disagiati e le scuole dovevano essere istituite in tutti i comuni con più di tremila abitanti: "A partire dal 1° ottobre 1963, le preesistenti scuole medie, le scuole secondarie di avviamento professionale e ogni altra scuola secondaria di primo grado sono trasformate in scuole medie in conformità al nuovo ordinamento". Il personale di ruolo in servizio (direttivo, insegnante, insegnante tecnico-pratico e non insegnante) fu collocato nei corrispondenti ruoli della nuova scuola media conservando, ad ogni effetto, le posizioni di carriera acquisite nel ruolo di provenienza.
Il dibattito politico del tempo fu incentrato sulla questione del latino. Si discusse a lungo se e in che misura il latino dovesse essere una materia curricolare, fino a giungere alla decisione per cui il latino divenne una materia facoltativa, mentre era obbligatoria per chi volesse iscriversi al liceo classico.
Prima di allora per la fascia di età compresa fra gli 11 e i 14 anni era possibile l’opzione tra una scuola media triennale, istituita dalla riforma Bottai nel 1940, cui si accedeva con un impegnativo esame di ammissione, e i corsi di avviamento professionale o i percorsi di scuola post-elementare. Il problema è però che mentre la prima opportunità consentiva il successivo proseguimento degli studi in tutti i settori dell’istruzione secondaria superiore, l’altra scelta vincolava l’eventuale proseguimento degli studi solamente alle scuole e agli istituti professionali.
Un passaggio del decreto ministeriale del 24 aprile 1963 evidenzia la portata sociale della sua istituzione: "Come ogni scuola è ampliamento e approfondimento della sollecitudine educativa delle famiglia, dalla cui collaborazione consapevole e convinta attende un apporto particolare per corrispondere all’attesa dell’intera società italiana e per consolidarsi, là dove sinora è mancata la consuetudine con un’istruzione obbligatoria dopo il corso quinquennale della scuola primaria" e ancora "la scuola media accoglie gli alunni nel periodo del passaggio dalla fanciullezza all’ adolescenza, ne prosegue l’orientamento educativo e persegue con sviluppi originali conformi alla sua natura di scuola secondaria il completamento dell’istruzione di base come la premessa indispensabile per ogni ulteriore impegno".
La relazione tra l’Italia del “boom economico”, emergenza di nuove categorie sociali, modernizzazione e istituzione della scuola media appare evidente. Le vicende politiche che hanno portato alla grande Riforma del 1962 sono raccontate da Pietro Greco, La nascita della scuola media unica, tratto dal volume PRISTEM/Storia n. 32-33 tutto dedicato al cinquantesimo anniversario della riforma della scuola media inferiore (1962-2012). Anche su Treccani.it si trova un interessante articolo di Alessandro Albanese: “31 dicembre 1962: nasce la nuova scuola media“.
Un seminario, organizzato dall’Archivio per la storia dell’educazione in Italia nell’ambito del Convegno promosso dall’Università cattolica del Sacro Cuore a Brescia (ottobre 2012), è stato l’occasione per ricordare il clima politico dell’epoca e le contrapposizioni ideologiche sulla riforma della scuola pubblica italiana come risposta a bisogni nuovi e a problemi vecchi.
Dal 1962 al 1979
Seppure circondata da polemiche, la scuola media unica si affermò come segmento specifico del percorso scolastico.
Nel 1974 sono stati emanati i "decreti delegati" (le norme ancora valide sono confluite nel Testo Unico 297/94) che regolamentarono la partecipazione dei genitori alla vita della scuola, istituirono gli organi collegiali come elemento fondante di una scuola democratica, introdussero il principio della sperimentazione didattica.
Nel 1977 la scuola media italiana subì il primo importante cambiamento strutturale. La legge 348/77 "Modifiche di alcune norme della legge 31 dicembre 1962 n. 1859, sulla istituzione dell’ ordinamento della scuola media statale", aggiunse in tutte le classi l’educazione musicale e sostituì le applicazioni tecniche con l’educazione tecnica non più diversificata per sesso; l’insegnamento della matematica diventa "scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali". La legge assegna alla scuola media il compito di rafforzare l’educazione linguistica sia dell’italiano che delle lingue straniere, non dimenticando l’origine latina della nostra lingua. L’esame di licenza comprende due prove scritte, un colloquio pluridisciplinare alla presenza della commissione composta da tutti i docenti della classe e da un presidente esterno. Il titolo rilasciato permette l’iscrizione a tutte le scuole del secondo grado e non è più necessario l’esame di latino per accedere al liceo classico.
La legge 517/77 "Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico" ha introdotto importanti cambiamenti nella valutazione e per l’inserimento degli alunni disabili: abolì gli esami di riparazione, decretò la fine delle classi differenziali riconoscendo il diritto allo studio per gli studenti disabili attraverso il sostegno didattico da parte di docenti specializzati, sostituì la pagella con la scheda di valutazione che conteneva giudizi analitici per le singole discipline e una valutazione complessiva sul grado di maturazione raggiunto dallo studente e un giudizio sintetico finale.
Nel 1979 sono emanati i nuovi Programmi della scuola media, in linea con il suo profilo ordinamentale: una scuola della formazione dell’uomo e del cittadino, una scuola che colloca nel mondo, una scuola orientativa.
Il consiglio di classe concorda ed elabora la programmazione didattica, secondo una precisa impostazione metodologica che presuppone un progetto educativo e didattico. I programmi indicano le varie fasi della programmazione:
a) individuazione delle esigenze del contesto socioculturale e delle situazioni di partenza degli alunni;
b) definizione degli obiettivi finali, intermedi, immediati che riguardano l’area cognitiva, l’area non cognitiva e le loro interazioni;
c) organizzazione delle attività e dei contenuti in relazione agli obiettivi stabiliti;
d) individuazione dei metodi, materiali e sussidi adeguati;
e) sistematica osservazione dei processi di apprendimento;
f) processo valutativo essenziale finalizzato sia gli interventi culturali e educativi sia alla costante verifica dell’ azione didattica programmata;
g) continue verifiche del processo didattico, che informino sui risultati raggiunti e servano da guida per gli interventi successivi.
Il ruolo delle discipline è di concorrere allo sviluppo unitario dell’alunno attraverso l’acquisizione di competenze trasversali. Per la prima volta si parla esplicitamente di socializzazione quale compito formativo della scuola che deve educare "al vivere insieme, all’operare in spirito di solidarietà con gli altri nella costruzione del bene comune".
Il programma di educazione civica riassume tutti i principi ispiratori dei Programmi del 1979. Infatti, "L’educazione civica, intesa come finalità essenziale dell’azione formativa della scuola, esige il responsabile impegno di tutti i docenti e la convergenza educativa di tutte le discipline e di ogni aspetto della vita scolastica; essa è, pertanto un grande campo di raccordo culturale, interdisciplinare, che ha anche suoi contenuti specifici rappresentati dalle informazioni sulle forme e sulle caratteristiche principali della vita sociale e politica del Paese e che richiede interventi coordinati del Consiglio di classe intesi a far maturare la coscienza delle responsabilità morali, civiche, politiche, sociali, personali e comunitarie di fronte ai problemi dell’umanità, nel contesto sociale italiano, europeo, mondiale e, quindi, a fare acquisire comportamenti civilmente e socialmente responsabili".
L’avvento degli istituti comprensivi
La scuola media subirà ulteriori cambiamenti con l’avvento degli istituti comprensivi.
Nati per risolvere il problema delle scuole di montagna con la legge 97 del 1994 "Nuove disposizioni per le zone montane", gli istituti comprensivi si moltiplicano perché si sente l’esigenza di un nuovo modello organizzativo che spingerà a sperimentare la continuità organizzativa e didattica, nonostante i risultati non sempre incoraggianti.
Il nuovo modello è recepito dal Testo Unico 297/94 e dal DPR 233/98, oltre che da una serie di circolari, tra cui la CM 352/98. Lo sviluppo degli istituti comprensivi si incrocia con altre tematiche molto sentite: l’autonomia scolastica, la personalità giuridica di tutti gli istituti, la dirigenza scolastica, il programma annuale, in una logica di riforma che pervade tutta la pubblica amministrazione e che trova il suo punto culminante nella revisione del titolo V della Costituzione.
Il dimensionamento, seguendo regole numeriche, porta alla creazione di scuole più grandi; con la spending review del 2012 la razionalizzazione della rete scolastica, resasi necessaria per il contenimento della spesa pubblica, ha portato definitivamente a regime la scuola del primo ciclo che trova la sua espressione negli istituti comprensivi.
La riforma degli ordinamenti
Mentre il modello dell’istituto comprensivo si evolve e tende ad assestarsi, nuovi importanti cambiamenti coinvolgono la scuola media per opera di due ministri che firmano le riforme del primo decennio del duemila: la riforma Moratti (2003) e la riforma Gelmini (2009). Tra i due dicasteri, quello di Giuseppe Fioroni che con il decreto n.139/2007 innalza l’obbligo scolastico fino a dieci anni.
La legge delega 53 del 2003 che porterà al decreto legge 59 del 2004, ridefinisce il sistema di istruzione che si articola in scuola dell’infanzia, primo ciclo e scuola secondaria di secondo grado. Il primo ciclo dura otto anni e costituisce il primo segmento in cui si realizza il diritto/dovere all’istruzione e formazione. La scuola secondaria di primo grado è organizzata in un biennio e in un terzo anno e assicura il raccordo e l’orientamento con il secondo grado di istruzione; assume la nuova denominazione di scuola secondaria di primo grado.
Tali cambiamenti trovano la loro sintesi nel DPR n.89/09, che introduce alcuni cambiamenti nell’ordinamento del primo ciclo: tra le novità, l’ora di approfondimento, l’insegnamento di "Tecnologia" quale materia autonoma, la seconda lingua comunitaria.
Scomparsa o rilancio della scuola media?
L’identità dell’ex scuola media unica si sviluppa all’interno di una nuova strutturazione della scuola pubblica e pertanto il suo volto e la sua funzione risultano notevolmente trasformati: dalla scuola media unica si è passati alla scuola secondaria di primo grado sviluppata sul modello degli istituti comprensivi e con un curricolo incardinato delle nuove Indicazioni Nazionali.
In realtà alcune perplessità si ebbero già nel momento della istituzione: utilizzare gli stessi docenti e gli stessi dirigenti per passare nel giro di due anni da una scuola più tradizionale ad un’altra con ben altre finalità socio-politiche apparve una sfida; la riforma della scuola italiana rispetto al modello gentiliano veniva fatta a segmenti, senza un progetto unitario; la scuola come comunità affermata dai decreti delegati appariva non sempre coerente con l’impianto ordinamentale dei vari ordini di scuola. Inoltre i successivi adeguamenti dei programmi tra i diversi ordini di scuola sono sembrati parcellizzati, spesso anche ispirati a modelli di apprendimento diversi; gli effetti della 517/77 sul rinnovamento della scuola, che hanno avuto un forte impatto nella scuola primaria, non hanno avuto lo stesso coinvolgimento nella scuola media. La diversa formazione iniziale, ancora esistente, ha contribuito a creare incomprensioni e contrapposizione tra scuola elementare e media, non risolta negli istituti comprensivi, evidenziando due modelli distinti nello stesso segmento di scuola dell’obbligo: da un lato una scuola che va dal predisciplinare al disciplinare gestito da singoli docenti, attento alla personalizzazione, più imperniato sulla valutazione in itinere e più attenta al successo formativo, dall’altro una secondaria di primo grado molto parcellizzata nelle discipline, nella valutazione e negli interventi formativi e non sempre in grado di assicurare alle ripetenze una gestione positiva e coerente.
In ultimo hanno creato ulteriore malumore tra i docenti le proposte legate ad ulteriori ore di servizio, proposta al momento congelata.
Secondo Luisa Ribalzi, in In medio sta(ba)t virtus: gloria e decadenza della scuola media, “è un’affermazione diffusa che la scuola media (ora secondaria di I grado) costituisca il ventre molle della scuola italiana, sia dal punto di vista degli esiti di apprendimento, con le ripetenze e gli abbandoni, sia per la sua difficoltà a ridurre gli svantaggi fra i diversi gruppi di utenti, a fornire una efficace educazione civica, ad accogliere le innovazioni tecnologiche e didattiche: questa affermazione viene rinforzata dalla constatazione che le indagini internazionali danno esiti lusinghieri per la scuola primaria, e per contro assai scadenti per i quindicenni esaminati da PISA, suscitando la legittima ipotesi che nel corso della scuola secondaria di I grado si verifichi un intoppo che genera una caduta di qualità. E’ peraltro opportuno precisare che esistono poche e limitate ricerche sul valore predittivo di PISA, per cui non è possibile dire se e in che misura il risultato a quindici anni sia collegato con l’esito finale degli studi.
Gli aspetti negativi si manifestano anche in un clima scolastico degradato, in cui vivono male sia gli insegnanti, vittime di fenomeni di burn out, che gli studenti, spesso protagonisti – o vittime – di episodi di bullismo. Non è casuale che in una recentissima ricerca su di un campione nazionale di 720 genitori, il bullismo figuri al secondo posto tra i problemi della scuola, con una percentuale di scelta dell’85,3%, molto vicina sia per la scuola dell’infanzia, che per la primaria e la secondaria di I grado. E’ quindi importante che l’analisi sociologica cerchi di capire quali siano le ragioni che possono spiegare la minore efficacia della scuola secondaria di I grado rispetto agli altri ordini di scuola e si proponga di indagarne il ruolo e il significato nell’attuale momento storico”.
Anche il seminario, “I nodi della scuola media” (Università di Firenze, 27 aprile 2012) arriva a conclusioni critiche sul futuro della scuola media.
Anche l’articolo di Guido Leone, Cinquanta anni fa nasceva la scuola media: cosa resta?, si chiede: oggi, in questo nuovo contesto istituzionale, ha ancora un senso e una missione la scuola media?
La CISL scuola ha dedicato alla scuola secondaria di primo grado il convegno "Secondaria di l° grado: orientare il percorso, tracciare la rotta", (Roma 7 novembre 2012) tentando di rilanciarne il ruolo orientante:
“Questa Scuola può ed è in grado di essere artefice di azioni finalizzate all’orientamento nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di secondo grado, con l’obiettivo di supportare la transizione tra i livelli scolastici, sostenendo lo studente nell’impatto con la nuova organizzazione curvata sulle discipline, di azioni finalizzate all’orientamento nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza con lo scopo di aiutare lo studente a comprendere e gestire i cambiamenti legati al proprio processo di sviluppo ( ... )”.
Il Rapporto sulla Scuola in Italia del 2011 della Fondazione Giovanni Agnelli rivela che l’Italia è il paese con il calo degli apprendimenti più netto fra elementari e medie. Di chi è la colpa?
1. Dei preadolescenti ? Quelli italiani sono più difficili dei loro coetanei esteri?
2. Degli insegnanti ? Troppo anziani, demotivati, poco aggiornati?
3. Della scuola stessa? Manca una chiara missione? La struttura è adeguata alle sfide educative?
Il rapporto è stato analizzato da altri ricercatori come F. Caralla e P. Berchialla che mettono in luce il rapporto tra profili socio culturali, comportamenti e risultati scolastici nella scuola media.
Stando ai dati della FGA l’obiettivo di garantire l’uguaglianza delle opportunità scolastiche se valutato in termini di successo scolastico e non soltanto come accesso alla scuola, sembra essere fallito. Infatti, gli studenti i cui genitori hanno un livello di istruzione superiore (diploma e/o laurea) hanno risultati scolastici migliori. Il divario è pressoché inesistente nella scuola primaria come mostrano i dati sugli apprendimenti di matematica e scienze in rapporto al titolo di studio dei genitori: nella scuola primaria i bambini raggiungono gli stessi risultati indipendentemente dal titolo di studio dei genitori. Inoltre gli insegnanti delle medie sono i meno soddisfatti della propria formazione iniziale. “Nel 1962, alla scuola media unica erano state affidate tre missioni: Far crescere il livello di scolarità, Orientare (non canalizzare!) le scelte scolastiche successive, Garantire l’eguaglianza delle opportunità scolastiche. Una realizzata, due no”.
Un paper di Gianfranco De Simone, ricercatore della Fondazione Agnelli, sulla cumulatività degli effetti dell'istruzione arriva ad individuare anche responsabilità della scuola primaria, ma arriva alla conclusione che, nel nostro sistema educativo, la selezione su base sociale comincia già nella scuola media unica che rivela d’essere incapace di assolvere a una delle sue missioni fondamentali.
Un paper di Gerard Ferrer-Esteban, ricercatore della Fondazione Agnelli, ha mostrato come, al di là dei più noti ed evidenti divari fra le aree del Paese e dello storico gradiente Nord-Sud, esistano specifici fattori a livello territoriale (in questo caso analizzati a livello provinciale) che possono significativamente influenzare i risultati scolastici degli studenti delle scuole medie, differenziandoli anche fra territori contigui. Fra questi, in modo particolare, la segregazione sociale delle scuole, l’eterogeneità sociale nella composizione delle classi e il tasso di precariato all’interno del corpo docente.
La ricerca della FGA individua alcune possibili strade:
• personalizzazione dei percorsi che richiede la scuola nel pomeriggio e maggiore diversità di approcci didattici in aula;
• progettazione comune, come nelle elementari e organizzazione per dipartimenti;
• apprendimento cooperativo che favorisce la motivazione degli studenti e sfrutta l’effetto "pari";
• modello dell’istituto comprensivo e adozione di curricoli verticali;
• essenzializzazione, ovvero concentrazione su poche materie con l’introduzione di materie opzionali.
Il paper di Gianfranco De Simone e di Andrea Gavosto fa parte del programma di ricerca della Fondazione Agnelli sul sistema nazionale di valutazione in Italia e rappresenta uno dei primissimi tentativi nel nostro Paese di calcolare in modo rigoroso il valore aggiunto, in particolare quello creato nel delicato passaggio da scuola primaria (prove Invalsi di quinta elementare) a scuola secondaria di I grado (Invalsi di prima media): un tentativo di lanciare proposte nuove e concrete.
Domande finali
La scuola media unica del 1962 ha realizzato la sua missione?
Le valutazioni sono molto critiche, ma sarebbe ingiusto ignorare il fatto che la scuola media unica abbia rappresentato il “motore” dell’innovazione nel sistema scolastico italiano tra gli anni ’60 e gli anni ‘80, con provvedimenti e iniziative innovative di largo respiro che hanno avviato processi di cambiamento anche negli altri segmenti scolastici.
Qual è la missione della scuola media? L’istituto comprensivo, che coinvolgerà tra breve tutte le scuole del primo ciclo del territorio nazionale, sarà in grado di rispondere in modo efficace ed equo a una domanda di formazione basata sull’acquisizione di competenze, sullo sviluppo di talenti dello studente e non solo sulla sua provenienza familiare?
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